Aspetti e problematiche del commercio internazionale
Aspetti e problematiche del commercio internazionale.
Molte sono le teorie che hanno analizzato il commercio internazionale con l’obiettivo di
spiegare il perché dei vantaggi che offre ai paesi scambisti. Una delle prime è quella di
Adam Smith che riteneva che la specializzazione e la divisione del lavoro nel settore
industriale generano dei risparmi di tempo e costi. Così come è vantaggioso per le imprese
che ogni operaio si specializzi in una determinata fase produttiva, anche ai paesi conviene
specializzarsi in produzioni di beni che possono realizzare più efficientemente, ovvero a
costi bassi, per poi fornirli a paesi che non sono in grado di produrre gli stessi beni agli
stessi costi. In breve, secondo Smith ciò che rende vantaggioso per tutti i paesi lo scambio
internazionale di merci è il divario tra i costi assoluti di produzione.
Anche Ricardo ha formulato un suo teorema sul commercio internazionale che prende
però in considerazione i costi comparati di produzione, cioè il rapporto fra i costi unitari di
due merci diverse prodotte in un paese. Secondo questo studioso se c’è una differenza fra i
costi comparati di due paesi, entrambi possono avvantaggiarsi tramite lo scambio
internazionale. Infatti i due paesi importeranno il bene che producono meno
efficientemente ed esporteranno quello che producono a bassi costi unitari.
La teoria ricardiana è stata criticata dagli studiosi Heckscher e Ohlin in quanto viene
considerato un solo fattore produttivo, il lavoro. Il teorema H-O, invece, spiega il perché
delle divergenze tra costi comparati prendendo in considerazione due fattori produttivi,
lavoro e capitale. Il prezzo di questi ultimi dipende dalla disponibilità dei fattori stessi in un
paese ed influenza il costo di produzione delle merci: se il fattore lavoro è abbondante in
un paese, il suo prezzo sarà basso e di conseguenza quel paese troverà più conveniente
specializzarsi nella produzione di beni ad alta intensità di lavoro da esportare verso altri
paesi.
Questo teorema è stato smentito in seguito da uno studio empirico svolto da Leontief:
analizzando i dati di importazione ed esportazione statunitensi ha rilevato che gli USA, pur
essendo ricchi di capitale, esportano beni ad alta intensità di lavoro ed importano beni ad
alta intensità di capitale negli anni Sessanta si è tentato di risolvere il paradosso di Leontief
prendendo in esame degli elementi che il teorema H-O aveva trascurato, come la
qualificazione del lavoro, la differenziazione dei prodotti, le economie di scala e il
progresso tecnico. Riguardo quest’ultimo, un’importante teoria è quella del ciclo del
prodotto di Vernon. L’ipotesi da lui avanzata riguarda l’esistenza di tre fasi attraverso cui
un prodotto passa dopo la sua introduzione sul mercato. Durante la prima fase il prodotto
nuovo è soggetto a continue modifiche fisico-tecniche e nei metodi utilizzati per produrlo.
Perciò la produzione avviene su piccola scala e senza l’utilizzo di macchine specializzate.
Entrando nella seconda fase il prodotto acquisisce caratteristiche sempre più definite e
inizia ad essere prodotto in massa e per mezzo di macchinari specializzati. A questo punto
nuove imprese entrano nel mercato e cercano di differenziare il prodotto per limitare la
concorrenza in termini di prezzi. Vernon ha poi traslato l’ipotesi del ciclo del prodotto in
termini di commercio internazionale: i paesi industriali più avanzati sono maggiormente
avvantaggiati dall’introduzione di beni nuovi da diffondere anche sui mercati stranieri; con
il passare del tempo anche altri paesi industriali potrebbero trovare conveniente produrre
quei beni; infine, quando i beni diventano maturi persino i paesi in via di sviluppo
ottengono vantaggi nel produrli, sia perché dispongono di mano d’opera a basso costo e
possono quindi attuare una concorrenza di presso, sia perché non sarà necessario mettere
in atto sofisticate capacità di marketing per un prodotto ormai maturo.
Un altro importante elemento trascurato dalla teoria tradizionale è la differenziazione dei
prodotti che si traduce a livello internazionale in un crescente commercio orizzontale,
ovvero due paesi che importano ed esportano varietà diverse degli stessi beni. Linder ha
analizzato questo fenomeno partendo da una ipotesi:ogni paese tende ad esportare
principalmente i beni maggiormente richiesti sul mercato interno, con cui hanno maggiore
familiarità rispetto ai mercati esteri, e lo stesso vale per i beni da importare. Ne consegue
che tanto maggiore è la somiglianza nella struttura della domanda interna di due paesi,
tanto più vantaggioso può essere il commercio fra loro.
In seguito Lassudrie-Duchêne ha integrato la teoria di Linder spiegando che gli individui
spesso preferiscono acquistare qualità straniere di un prodotto presente nei mercati locali
o perché potrebbero far parte di quella minoranza di consumatori i cui gusti sono
rispecchiati più dal mercato estero che da quello interno, oppure per il semplice gusto
della differenza, ovvero per l piacere di distinguersi.
…