Schopenahuer
SCHOPENAUER
Schopenhauer nasce nel 1788 a Danzica da un padre banchiere facoltosa e una madre colta di ottima famiglia che
amava l’arte e le lettere. Muore nel 1860.
Rapporto con Hegel
Intraprende la carriera universitaria a Berlino dove conosce Hegel. Vive in un‘atmosfera accademica dominata da
idealismo e romantiscimo.
Schopenhauer affronta lo studio della filosofia hegeliana e ne rimane colpito in modo negativo, la ritiene un
imbroglio, e coglie nella sua filosofia un ottimismo ingiustificato (tutto ciò che è razionale è reale e viceversa).
Secondo S. invece la ragione non c‘entra con lo svolgersi delle cose e non esiste un assoluto che vada a
compiersi.
Entra in un rapporto conflittuale con Hegel, anche se lui non se ne accorge minimamente.
Le principali opere
Nel 1818 esce il suo capolavoro ‘Il mondo come volontà e rappresentazione‘.
-mondo visto come la rappresentazione di ciò che percepiamo. Ma volontà?
Il saggio non viene compreso da nessuno e quindi il suo pensiero filosofico viene discusso e messo in dubbio.
Schopenauer è un filosofo inattuale e la sua fama arriva tardi, l’idealismo infatti al tempo occupava uno spazio
troppo grande perchè lui potesse entrare e dire la sua.
Un vero e proprio riconoscimento accademico avviene nel 1851 quando pubblica il saggio ‘Parerga e
paralipomena‘, che funge da commento al saggio pubblicato precedentemente e spiega il suo pensiero filosofico.
Tre capisaldi a cui si ispira: Kant per il concetto di fenomeno e noumeno, spazio e tempo e le categorie di
causa-effetto, l’interesse per l’oriente e Platone con la sua teoria delle idee.
Schopenauer è il primo filosofo occidentale a tentare il recupero di alcuni elementi del pensiero dell’estremo
oriente, ha acquisito un vasto repertorio di immagini e di espressioni suggestive, è stato un ammiratore della
sapienza orientale e un profeta del successo che questo avrebbe avuto in occidente.
L‘India in generale, dagli occhi dell’europeo, è visto come un territorio da educare, ma il filosofo afferma che in
realtà sono gli abitanti di questo territorio a dover insegnare qualcosa agli occidentali.
Una filosofia raccontata in modo diverso, in realtà può essere andata più avanti di noi.
Sono loro che devono acculturare noi perchè la sapienza indiana può produrre una mutazione del sapere e
pensare europeo.
Il velo di Maya
Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione kantiana tra “fenomeno” e “noumeno”, ovvero
tra la “cosa cosi come mi appare” e la “cosa in se”. Per Schopenhauer il fenomeno (volontà) è parvenza, illusione
e sogno, ovvero il velo di maya, mentre il noumeno è quella realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama del
fenomeno (il filosofo ha il compito di scoprire).
Il velo di Maya è un concetto legato all’aletheia, secondo cui il mondo è velato dall’inganno e chi vuole vedere la
verità deve togliere il velo che la copre e scoprirla.
Questa espressione deriva dall’antica sapienza indiana e serve per indicare il fenomeno in quanto parvenza,
illusione e sogno: il fenomeno è la cosa così come appare, dietro la cui trama ingannevole si nasconde la cosa in
sé intesa non come un concetto-limite (Kant) ma come una realtà assoluta, conoscibile dall’uomo.
Dietro al velo di maya il noumeno (volontà) diventa cosa in sé (volontà di vivere).
Il mondo come rappresentazione
La filosofia di Schopenhauer è riassunta nel titolo della sua opera maggiore. Il mondo è una rappresentazione,
un’apparenza, la cui essenza è una cieca volontà. Mentre la realtà in sé, per Kant, è inconoscibile, siamo portati a
pensarla attraverso un dio che la realtà non possa ridursi al fenomeno altrimenti la mia esistenza non avrebbe
senso.
Il fenomeno per Schopenhauer è la rappresentazione soggettiva, cioè esiste solo dentro la coscienza.
LA RAPPRESENTAZIONE: è la realtà in quanto oggetto di conoscenza da parte di un soggetto e ha 2 aspetti
essenziali e inseparabili, la cui distinzione costituisce la forma generale della coscienza: da una parte c’è il
soggetto rappresentate (ciò che tutto conosce senza essere conosciuto da alcuno), che sfugge dalla legge del
tempo e dello spazio, poiché esiste in ogni essere capace di rappresentazione, dall’altra l’oggetto rappresentato
(ciò che viene conosciuto), le cui forme sono lo spazio, il tempo, mediante i quali si ha la pluralità.
Le forme a priori della rappresentazione sono quindi: lo spazio, il tempo e la casualità, grazie alla quale la
sensazione soggettiva diviene intuizione obiettiva e gli oggetti vengono messi in relazione casuale tra loro. La
causalità, è la forma a priori più importante ed è il principio:
-del divenire (fisica) regola i rapporti tra gli oggetti naturali;
-del conoscere (logica) regola i rapporti tra premesse e conclusioni dei ragionamenti;
-dell’essere (matematica) regola i rapporti tra le parti del tempo e dello spazio e, quindi, tra gli enti matematici e
geometrici.
-dell’agire (morale) regola i rapporti tra le azioni e i motivi
Soggetto e oggetto esistono come elementi imprescindibili della rappresentazione, e nessuno dei due precede o
può sussistere indipendentemente dall’altro.
IL MONDO È UNA MIA RAPPRESENTAZIONE: ‘‘Il mondo è una mia rappresentazione: egli sa con chiara
certezza di non conoscere né il sole né la terra, ma soltanto un occhio che vede un sole, e una mano che
sente il contatto d’una terra; egli sa che il mondo circostante non esiste se non come rappresentazione,
cioè sempre e soltanto in relazione con un altro essere’’.
Mentre la realtà in se per Kant è inconoscibile, Schopenhauer sa con chiara certezza che il suo noumeno(volontà)
può essere conosciuto.
Il mondo quindi è un oggetto che appare ad un soggetto e che non esiste, così come appare, al di fuori della
conoscenza.
UN RITORNO A KANT: Schopenhauer a differenza di Kant riduce la distanza tra senso e intelletto, semplifica le
forme a priori, al posto dell’apparire del fenomeno pone l’apparenza della rappresentazione, ritiene possibile
svelare il “segreto” della rappresentazione e conoscere la cosa in se
RAPPRESENTAZIONE\ FENOMENO: Per Kant il fenomeno è l’unico aspetto attingibile di una realtà in se, che,
cosi come è, non può essere conosciuta, inoltre il fenomeno è realtà per noi.
Per Schopenhauer la rappresentazione è illusione, apparenza ingannevole che nasconde una vera, realtà, di altro
genere. Non ci manifesta la realtà, la vela.
LA VIDA ES UN SUENO: Schopenhauer sostiene che dal punto di vista qualitativo è impossibile distinguere il
sonno dalla veglia. Il sonno è soltanto meno coerente, ma è della medesima natura della veglia: è
rappresentazione, è ugualmente lontano dalla realtà
•
SCHOPENHAUER (maestro dei sospetti): smaschera una rappresentazione del mondo.
I maestri sono Nice, Freud e Marx: Marx che sospetta che tutto questo parlare di uguaglianza nasconda
una realtà drammatica di sfruttamento, che può essere colta solo andando alle radici del sistema
capitalistico. Schopenhauer può essere considerato come colui che ha ispirato la filosofia del sospetto.
VOLONTÀ DI VIVERE: è un’energia/impulso e indica il noumeno del mondo, ovvero l’essenza nascosta dell’intero
universo. La via attraverso la quale giunge a questa conclusione è: poiché siamo dati a noi stessi non solo come
rappresentazione ma anche come corpo, non ci limitiamo a vederci dal di fuori bensì ci vediamo anche dal di
dentro, godendo e soffrendo. Questa esperienza permette all’uomo di fargli capire che la cosa in sé è la volontà di
vivere. La volontà di vivere vuole che la specie continui a riprodursi e a vivere, ovvero è l’essenza segreta del
mondo.
Questa può essere:
-È inconscia= impulso inconsapevole
-È unica=poiché esiste al di fuori dello spazio e del tempo, e va al di la del principio di individuazione
-È eterna e indistruttibile=va al di la del tempo, ossia un principio senza inizio né fine
-È incausata= va al di la della casualità, si configura come una forza libera e cieca, senza un perché e senza uno
scopo.
-È senza scopo= la volontà primordiale non ha alcuna meta oltre a se stessa: la vita vuole la vita, la volontà vuole
la volontà, e qualunque motivazione o scopo cadono dentro l’orizzonte del vivere e del volere
Si può conoscere e colui che può approcciarsi a essa è chi ha coscienza, cioè l’uomo.
Dialogo della natura e un islandese Leopardi: lui cerca di vivere nella maniera più serena, e per farlo si deve
tenere lontano da tutti i conflitti umani. Si rifugia nella foresta e si identifica un essere gigantesco con la natura e gli
chiede, ma perché mi hai fatto nascere? Perché mi fai nascere per farmi soffrire? Perché mi fai male? E la natura
dice che non gli vuole male ma nemmeno bene, è indifferente. Secondo Leopardi vivi solo perché devi vivere,
perché sei funzionale alla specie, non per altro. Tutto è volontà e questa si manifesta attraverso i corpi umani.
(l’uomo è dotato di cultura e questo ha reso razionale ciò che era irrazionale e ha indotto l’uomo ad allontanarsi dal
suo stato e crearsi degli scopi diversi da quelli che gli erano stati assegnati dalla natura).
Il pessimismo:
Dialogo della natura e un islandese Leopardi: lui cerca di vivere nella maniera più serena, e per farlo si deve
tenere lontano da tutti i conflitti umani. Si rifugia nella foresta e identifica un essere gigantesco con la natura e gli
chiede, ma perché mi hai fatto nascere? Perché mi fai nascere per farmi soffrire? Perché mi fai male? E la natura
dice che non gli vuole male ma nemmeno bene, è indifferente.
Ci stiamo rappresentando un mondo che non esiste, perché l’uomo è dotato di cultura e questo ha reso razionale
ciò che era irrazionale e ha indotto l’uomo ad allontanarsi dal suo stato e crearsi degli scopi diversi da quelli che gli
erano stati assegnati dalla natura.
Il pessimismo di S. si basa sul fatto che la v.v. deriva dal desiderio. Noi desideriamo qualcosa quando questo non
c’è, è lontano da noi, (desiderio=distanza=mancanza).
Volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che
si vorrebbe avere.
L’uomo è portato a desiderare perché è perseguitato dalla volontà di vivere, ciascun individuo della specie deve
riprodursi e conservarsi in vita→la v.v. agisce sui corpi per farli tenere in vita e per farli riprodurre e per questo
agisce sui desideri.
Desideri→tutto quello che ti fa mantenere in vita:
Il dolore, identificandosi con il desiderio, è la struttura stessa della vita, è un dato primario e permanente mentre il
piacere è solo una funzione che deriva dal dolore e vive a spese di esso.
L’illusione dell’amore
L’amore è uno dei più forti stimoli dell’esistenza, ma il suo fine ultimo, ovvero l’unico scopo per cui esso è
voluto dalla natura è solo l’accoppiamento (non c’è amore senza sessualità), con lo scopo di riprodursi.
La bocca come strumento di piacere. La seduzione-il corteggiamento sono vie di raffinazione. Illusione
dell’amore: chiamiamo amore quello che è desiderio sessuale camuffato perché la v.v. ci porta a questo.
Il fine dell’amore è l’accoppiamento: ogni innamoramento affonda le sue radici nell’istinto sessuale.
L’amore procreativo viene avvertito come “peccato” e “vergogna” perché porta alla procreazione di altri
esseri destinati a soffrire.
Critica all’ottimismo
ottimismo cosmico, ossia in quello schema di pensiero che interpretava il mondo come un organismo
perfetto governato da un dio. Questa visione è falsa poiché la vita è un’esplosione di forze irrazionali e il
mondo è il teatro della sopraffazione.
Rifiuto dell’ottimismo sociale
i rapporti umani sono regolati dal conflitto e dal tentativo di sopraffazione reciproca. Se gli uomini vivono
insieme è soprattutto per bisogno; se esistono lo stato e le sue leggi è solo perché l’uomo possa difendersi
e regolamentare gli istinti aggressivi degli individui.
Rifiuto dell’ottimismo storico
Un altro aspetto della dottrina di S. è la polemica contro ogni forma di storicismo: ridimensiona la portata
conoscitiva della storia affermando che essa non è una vera e propria scienza ma è costretta a limitarsi alla
catalogazione dell’individuale. La storia è solo il fatale ripetersi di un medesimo dramma e l’autentico compito
della storia sarà quello di offrire all’uomo la coscienza di sé e del proprio destino.
Vie della liberazione del desiderio
La vita è dolore e si impara poco per volta a non volerla. Il filosofo rifiuta e condanna il suicidio per due
motivi di fondo:
-perché è un atto di forte affermazione delle volontà stessa
-perché sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della volontà di vivere e lascia intatta la cosa in sé.
Pertanto, la vera risposta al dolore del mondo non consiste nell’eliminazione, tramite il suicidio, di una vita , ma
nella liberazione della stessa volontà di vivere. È con la presa di coscienza del dolore che prende avvio il
cammino della liberazione dell’individuo.
È la noia che ci porta a cercare sempre nuovi oggetti del nostro desiderio. La vita è un pendolo che oscilla tra
la noia e il desiderio. Come si fa a uscire da questo meccanismo? S. individua tre modi:
-l’arte: è la contemplazione delle idee, ossia la conoscenza pura e disinteressata degli aspetti universali e
immutabili della realtà. Per il suo carattere contemplativo l’arte libera l’individuo dalla catena dei desideri e
dei bisogni, elevandolo al di sopra del dolore e del tempo. Tuttavia, la liberazione prodotta dalle arti è
temporanea.
-etica della pietà: la morale deriva da un sentimento di pietà o compassione nei confronti delprossimo
(avvertiamo come nostre le sofferenze altrui). Questa si concretizza nelle due virtù cardinali della giustizia e
della carità: la giustizia consiste nel non fare del male agli altri e perciò costituisce l’aspetto negativo della
pietà; la carità coincide con la volontà attiva di fare del bene al prossimo, ossia con l’aspetto positivo della
pietà.
La morale ai suoi massimi livelli consiste nel far propria la sofferenza di tutti.
-Ascesi: nasce dall’”orrore dell’uomo per l’essere” ed è l’esperienza attraverso cui l’uomo cerca di estirpare da
se il desiderio di esistere, di godere e di volere, per liberarsi completamente dal dolore dell’esistenza.
La rinuncia ai piaceri, l’umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio tendono tutte al medesimo scopo che è quello di
sciogliere la volontà di vivere. La soppressione della v.v. è l’unico vero atto di libertà.
Nel misticismo ateo di S. il cammino verso la salvezza mette capo al nirvana buddista, ovvero all’esperienza del
nulla: un nulla relativo al mondo, cioè negazione del mondo stesso.
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